Parliamo di...

venerdì 13 gennaio 2017

“Silence”: Scorsese esplora il rapporto dell’uomo con la fede

di Silvia Sottile

Il regista premio Oscar Martin Scorsese nel corso della sua lunga e gloriosa carriera ha messo spesso al centro delle sue opere argomenti e tematiche di natura fortemente religiosa, come ad esempio nel controverso L’ultima tentazione di Cristo (1988) e in Kundun (1997), ma ne troviamo comunque tracce in gran parte della sua filmografia.
Scorsese ha impiegato quasi trent’anni per realizzare Silence, basato sull’omonimo romanzo dello scrittore giapponese di fede cattolica Shusaku Endo. Con questo film il regista prova ad esplorare il rapporto dell’uomo con la fede ed in particolare esamina il problema spirituale e religioso del silenzio di Dio di fronte alle sofferenze umane.

La storia di questa attesissima pellicola sulla fede e la religione racconta del viaggio (sia fisico che spirituale) che due giovani missionari portoghesi intraprendono per raggiungere il Giappone alla ricerca del loro mentore scomparso, padre Ferreira (Liam Neeson), non credendo alle voci che lo danno convertito al buddismo dopo aver abiurato il cristianesimo. Si tratta di un percorso irto di pericoli e difficoltà perché in quel periodo (XVII secolo) in Giappone era in atto una violentissima inquisizione che sottoponeva a persecuzioni e torture tutti coloro che si professavano cristiani, costringendoli  all’apostasia (ovvero a rinnegare la propria fede) o ad essere condannati ad una morte lenta e dolorosa. Silence segue i due giovani preti gesuiti, padre Rodrigues (Andrew Garfield) e padre Garupe (Adam Driver), che nel corso della loro ricerca si ritrovano ad esercitare il loro ministero presso gli abitanti di alcuni villaggi giapponesi perseguitati per il loro credo religioso.

Silence è un’opera fortemente intrisa di spiritualità, tanto da farne il suo cuore pulsante. Sicuramente non è un film per tutti, è ostico, rigoroso e molto lungo (quasi tre ore). Oltretutto il ritmo è particolarmente lento, cosa che appesantisce ulteriormente la visione, rendendola difficile e quasi di nicchia. Eppure Silence non lascia certo indifferenti, anzi: è intenso, intimo, profondo; i temi importanti e carichi di interesse emotivo che vengono eviscerati fanno riflettere anche dopo la visione, che lascia aperti molti dubbi e interrogativi che si prestano a letture differenti e diverse interpretazioni anche in base all’animo dello spettatore (e al suo essere credente o meno). Merito naturalmente della sapiente regia di Scorsese che cambia spesso prospettiva, sottolineando non solo l’aspetto intimo della fede ma anche l’utilizzo della religione da parte del potere, con un’accurata analisi di quel particolare periodo storico.

La ricostruzione impeccabile dei villaggi rurali giapponesi del XVII secolo è opera del nostro  straordinario Dante Ferretti, scenografo tre volte premio Oscar, giunto alla nona collaborazione con Scorsese. Perfetta la colonna sonora ad opera dei coniugi Kluge che fa un uso magistrale anche del silenzio; la fotografia di Rodrigo Prieto toglie il fiato e riesce a far emergere la bellezza dei paesaggi. Anche la montatrice Thelma Schoonmaker, vincitrice di tre Oscar, è una storica collaboratrice del regista ma questa volta forse la scelta di un montaggio così poco dinamico non è stata delle più azzeccate. Il cast invece è dei migliori, in particolare il protagonista Andrew Garfield, grazie alla sua intensità e alla sua grande capacità espressiva, regala un ottimo ritratto psicologico di Padre Rodrigues e dimostra di essere maturato dai tempi in cui interpretava Spider-Man. A breve lo vedremo anche in Hacksaw Ridge di Mel Gibson.

Silence, nelle nostre sale dal 12 gennaio, non è un film esente da difetti. Alcune immagini sono molto forti, come quando la camera indugia troppo sulle macabre scene di tortura o addirittura post mortem; il personaggio di Kichijiro (Yosuke Kubozuka) diventa a poco a poco quasi caricaturale tanto da rasentare involontariamente il ridicolo, senza dimenticare la durata eccessiva, il ritmo pesante, alcuni passaggi oscuri e contorti. Eppure questo film regala alcuni momenti di grande cinema, è esteticamente meraviglioso, fa davvero riflettere sul rapporto dell’uomo con la fede e tocca profondamente l’anima.

Nessun commento:

Posta un commento