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giovedì 8 settembre 2016

“Tommaso” e il suo rapporto con le donne

di Silvia Sottile

Presentato fuori concorso alla 73^ Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, Tommaso vede il ritorno dietro la macchina da presa di Kim Rossi Stuart, dieci anni dopo l’esordio alla regia con Anche libero va bene. Questa sua seconda opera è in realtà strettamente collegata alla prima, difatti il protagonista – il Tommaso del titolo – altri non è che il bambino di Anche libero va bene che in Tommaso ritroviamo cresciuto e alle prese con problemi affettivi ed esistenziali.

Tommaso (Kim Rossi Stuart) ha una relazione con Chiara (Jasmine Trinca) ma fa di tutto per essere lasciato. Quando finalmente ci riesce, pensa di essere libero di vivere le sue passioni, ma in realtà continua ad essere ossessionato dalle figure femminili che incontra, commette gli stessi errori  e tutte le sue storie finiscono sempre allo stesso modo: romanticismo e desiderio lasciano il posto alla paura di impegnarsi. Sulla sua strada Tommaso incontra Federica (Cristiana Capotondi) e Sonia (Camilla Diana), ma è solo quando si ritrova completamente solo e disperato che si rende conto di dover affrontare i demoni del suo passato.

L’idea di partenza, ovvero la voglia di indagare le difficoltà relazionali di un uomo che ha subìto un trauma nell’infanzia (l’abbandono da parte della madre) è sulla carta uno spunto interessante. Peccato che la messa in scena non lo sia altrettanto, risultando forzata e a tratti imbarazzante.  La rappresentazione di questa realtà non appare credibile, persa tra sogni ad occhi aperti, psicanalisi, suggestioni, allucinazioni e scene oniriche surreali. Ma soprattutto non aiuta la recitazione del protagonista (il caso vuole che anche Tommaso sia un attore), troppo sopra le righe, enfatica, tanto da far risultare evidente la finzione. E così non si trasmette quel senso di realtà necessario per immedesimarsi nelle vicende narrate sullo schermo. 

Kim Rossi Stuart, nel ruolo di regista, attore, autore di soggetto e sceneggiatura, costruisce un film su di sé in cui lui stesso è protagonista assoluto, sogna, desidera, urla, si muove, gesticola, si strugge, nei panni di un uomo insicuro, insoddisfatto e disturbato. È sempre in scena, senza però essere in grado di trasmettere profondamente le emozioni del suo personaggio. Sembra quasi che gridi i suoi problemi piuttosto che sentirli davvero. In Tommaso si nota una inconfondibile influenza morettiana, un’ispirazione tanto forte ed evidente quanto inspiegabile, anche perché Rossi Stuart non è Nanni Moretti.

Il punto di vista sulla storia è sempre soggettivo e maschile (fin troppo), mentre le figure femminili sono solo di supporto, dei corpi  (spesso nudi), a cui non viene dato il giusto spessore. 
Va sottolineato, però, che ci sono alcuni momenti divertenti, i personaggi infatti sono visti con una bonaria ironia. Dunque il film vira più sulla commedia che sul dramma, ed alcune scene, talmente surreali da risultare comiche, aiutano la scorrevolezza della pellicola.

A livello visivo è ben calibrata l’alternanza di interni ad esterni (in particolare paesaggi di campagna), mentre la colonna sonora, che avrebbe potuto aiutare nel trasmettere il pathos, risulta piuttosto anonima.

Tommaso, nelle nostre sale dall’8 settembre, non riesce a convincere pienamente, perso tra desiderio autoriale, poca coerenza e difficoltà a dare un senso di realtà. 

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