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giovedì 9 aprile 2015

"Humandroid" ovvero il robot con il cuore di Blomkamp

di Emanuela Andreocci

Esce oggi nelle sale italiane Humandroid, il terzo film di Neill Blomkamp che, dopo District 9 ed Elysium, offre allo spettatore un altro nuovo mondo ed una nuova visione di esso approdando in una futuristica, sebbene quasi contemporanea, Johannesburg, la sua città. La capitale economica del Sudafrica, tormentata da criminalità estrema, ha trovato la sua salvezza negli Scouts, i poliziotti robot affidabili, precisi ed integerrimi prodotti dalla Tetra Vaal con a capo Michelle Bradley, una Sigourney Weaver che lega a doppia presa il film con Alien (Blomkamp dirigerà, infatti, la prossima pellicola della saga).

All'interno della società troviamo due scienziati agli antipodi: Deon Wilson (Dev Patel), convinto di riuscire a donare ai droidi un'anima in modo da renderli senzienti e indipendenti dal controllo umano, e Vincent Moore (un inedito e cattivo Hugh Jackman) che farebbe di tutto per ostacolare un progresso così potenzialmente pericoloso per l'umanità ma soprattutto per la sua carriera.

Ovviamente Deon riesce nel suo progetto, ma nel momento in cui il suo esperimento Chappie (effettuato su un droide fallato e destinato alla mortalità) viene rapito dalla banda formata da NINJA e ¥O-LANDI VI$$ER (due dei tre membri di un conosciuto gruppo rap locale), le cose si complicano: Chappie non può essere utilizzato per estorsioni o rapine, non può far male alla gente, al limite la può solo far addormentare. Ma Chappie è come un piccolo cucciolo, un bambino facile preda della psicologia inversa; ci vuole poco a fargli credere che con i soldi di un eventuale colpo potrà avere un corpo nuovo con una batteria sostituibile al posto di quella fallata donatagli dal suo creatore, che quindi passa ai suoi occhi come il cattivo di turno.


Con l'aspetto di un Robocop meno palestrato con le fattezze e la voce di Sharlto Copley ("prestate" tramite motion capture) e l'animo di un Baymax, Chappie ispira profonda simpatia e affetto: decisamente divertenti risultano gli allenamenti e i successivi risultati che fanno del droide un vero e proprio gangster, con tanto di tatuaggi, collane e andamento molleggiato, tenerissimo risulta il rapporto che si instaura con la ragazza (che comincerà a chiamare "Mamy") e con gli altri membri del gruppo, che a loro modo dimostreranno affetto nei suoi confronti finchè anche lo strampalato boss non diventerà "Papy".

Chappie (queesto è il titolo originale) è sicuramente un'opera particolare, uno sci-fi che talvolta cede il passo ai più moderni videogame e che in altri casi si concede il sapore di una lacrima e di un po' di sano sentimentalismo, una pellicola che porta in scena un dilemma che, se pur trito e ritrito, non risulta mai banale: potranno un giorno le macchine sostituire gli uomini? Saranno esse in grado di pensare e di provare sentimenti? Blomkamp si diverte a mettere tutto questo ed altro in un potpourri di personaggi ed eventi che non portano da nessuna parte ed allo stesso tempo portano dovunque, strizzando l'occhio allo spettatore che troverà il modo di divertirsi e di riflettere sul significato di umanità e di coscienza. 

Un film che può piacere o no, in alcuni casi, forse, addirittura annoiare (soprattutto nella prima parte della pellicola), ma che sicuramente rimarrà nel cuore. Ed il merito, per chi scrive, è tutto da attribuire nella caratterizzazione dei personaggi e nei legami che si instaurano tra loro. In questo il regista africano ha veramente fatto centro. Ed anche se fosse l'unico, è certamente un buon motivo per vedere un film che compie il suo dovere: intrattenere.   



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