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domenica 6 luglio 2014

"Mai così vicini" (e mai così crudeli).‏

di Luca Cardarelli

L'estate, si sa, non è stagione per uscite cinematografiche di spessore, salvo rarissime eccezioni. I pochi film che vengono proposti, spesso lasciano il tempo che trovano. Ci eravamo illusi che Mai così vicini (And so it goes il titolo originale) del buon vecchio Rob Reiner (regista di perle assolute come Stand by me- Ricordo di un'estate e Harry ti presento Sally, solo per citarne alcuni) potesse interrompere questo incantesimo che rende oltremodo lunghe e cariche di attesa per l'autunno le estati cinematografiche. Invece, come vedremo, anche questo film non si discosta di molto dal trend negativo del cinema sotto il solleone.

Oren Little (Michael Douglas) è un agente immobiliare col pelo sullo stomaco, cinico e insensibile in procinto di andare in pensione previa vendita della casa in cui ha vissuto con la moglie e il figlio Luke (Scott Shepherd), la prima ora defunta e l'altro sparito chissà dove e alle prese con problemi di droga. Oren vive in un complesso di villette a schiera che egli stesso amministra e ha come vicina Leah (Diane Keaton), con cui non ha un bel rapporto. La vita dei due cambia quando il figlio di Oren spunta fuori dal nulla con una ragazzina di dieci anni, Sarah (Sterling Jerins), avuta da un rapporto fugace con un'altra sbandata di cui il nonno non era affatto al corrente. Il motivo della visita? Luke vuole affidare la figlia al nonno prima di iniziare un periodo di 10 mesi di detenzione per un crimine (non) commesso.
Dopo un'accoglienza che definire fredda sarebbe oltremodo riduttivo, la piccola riesce a far breccia nel cuore del nonno facendo sì che questi si avvicini a Leah, vedova con la passione per il canto che da una parte non si dà pace per la morte del marito, ma dall’altra vorrebbe riuscire a staccarsi dal passato per iniziare un capitolo nuovo della propria vita.

Le premesse per un buon film vi erano tutte, la più grande era, ovviamente quella data dal cast tecnico e artistico, con due stelle luminosissime come Diane Keaton e Michael Douglas, entrambi premi Oscar, diretti da un regista che non ha bisogno di presentazioni. Ma la storia che ci viene raccontata scade molto facilmente nella banalità e nella prevedibilità, nonchè nel déjà vu. Un uomo, una donna, una bambina, l'amoreodio/odioamore, e vissero tutti felici e contenti. Nessun colpo di scena, dialoghi privi di verve che per far ridere (in una commedia di solito un po' si deve ridere, o per lo meno sorridere!) hanno bisogno di facili allusioni sessuali. E così via, per tutto il film.

Un film, Mai così vicini, che rischia di creare un mare di polemiche con una scena di pochissimi secondi in cui Oren, deciso a liberarsi della nipotina, una volta rintracciata la madre di questa, le porta la piccola. Ma, una volta appurate le condizioni allucinanti in cui versano sia la madre che il quartiere in cui la donna vive, gliela ristrappa dalle braccia e decide di tenersi la nipotina, e tanti saluti. Chi scrive, come probabilmente chi gli era accanto durante la proiezione, dopo la visione di tale crudeltà visiva, ha provato il desiderio di alzarsi e lasciare la sala. E quello che fa ancora più male è l’indifferenza della bambina nonostante la consapevolezza che quella persona che l’ha abbracciata, anche se consumata visibilmente dagli effetti dell'eroina, sia sua mamma: non si pone nessuna domanda né rimane assolutamente colpita dalla situazione, un bel sorriso e la vita continua spensierata come se nulla fosse successo.
Una scena la cui crudeltà è inversamente proporzionale alla sua durata. Una scena che non può che avere un unico effetto su tutto il film, ovvero renderlo inguardabile e immettere nello spettatore l'irrefrenabile desiderio di dimenticarsi di averlo visto.

Nelle sale dal 10 luglio.

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