di Luca Cardarelli
Scordatevi l'aglio, gli specchi, la supervelocità e tutte le
leggende (salvo quella di cui in Twilight se ne sono bellamente fregati, ovvero
quella dell'intolleranza ai raggi ultravioletti) che ci hanno inculcato sin
dalla tenera età sui colleghi del Conte Impalatore. Jim Jarmusch, l'autorevole
regista e sceneggiatore di Only lovers left alive (questo il titolo originale
di Solo gli amanti sopravvivono), ha una visione tutta personale di questi
strani esseri su cui valanghe di storie, racconti, romanzi e film sono stati
realizzati sin dai più remoti tempi. Qui i vampiri bevono il sangue in calici
minuscoli, se lo procurano in ospedale o da altri vampiri fidati e,
addirittura, lo gustano sotto forma di ghiacciolo (geniale!).
Tom Hiddleston (già apprezzatissimo nei panni dell'ambiguo
Loki nei due episodi del Marveliano Thor), Tilda Swinton (che non ha avuto
bisogno di eccessivi artifici cosmetici) e Mya Wasikowska (l'Alice di
Burtoniana memoria) vestono perfettamente gli abiti da succhiasangue che
Jarmush ha fatto loro indossare in questa eccentrica pellicola.
In un gioco di continue allusioni al mondo vampiresco
"mainstream" e conseguenti ironie sullo stesso, Jarmusch dipinge un
quadro a tinte "dark" in cui vi sono due vampiri innamorati che hanno
viaggiato nei secoli incarnando le più famose personalità in ambito culturale e
scientifico e ora si trovano a distanza di migliaia di chilometri l'uno
dall'altra: Adam vive da musicista un po' bohemien nella decadente, se non già
decaduta, Detroit, mentre Eve abita a Tangeri, città che, anch'essa, non se la
passa per niente bene.
I due si ricongiungono in quel di Detroit per proseguire
la loro storia d'amore. Ma poi compare anche la sorella di Eve, Ava, il cui
nome da diva tradisce non a caso la sua provenienza dalla città che di dive ne
ospita più di tutte le altre: Los Angeles. Ed è Ava l'elemento di rottura (in qualsiasi
senso vorrete leggerlo andrà bene) che si interpone tragicamente tra i due
vampiri, la cui caratteristica comune è una quasi disarmante calma che sfocia
nell'abulia e nella voglia di rimanere nascosti nei loro antri senza vedere
nessuno (salvo pochissimi ma fedelissimi e servizievolissimi
"Zombie", cioè persone ancora "vive"), e senza fare
alcunchè. A causa di Ava i due saranno costretti a fuggire da Detroit dove
sembrava avessero trovato il loro perfetto nido d'amore con il sangue sempre a
disposizione (Adam in versione "Doctor Faust" con camice bianco e
stetoscopio è tutto un programma!). Una volta arrivati a Tangeri, si troveranno
a fare i conti con una carestia che metterà a serio rischio la loro
sopravvivenza a causa della scomparsa del vampiro Marlowe (John Hurt),
legatissimo ad Eve, suo fornitore di sangue "pulito", letterato le
cui opere vengono erroneamente ascritte a Shakespeare. Marlowe muore proprio a
causa di una dose di sangue infetto - vampiri che muoiono di malattia, che stregoneria
è mai questa?!
Viaggia, Jarmush, su questo filo di sottile ironia ma di
robustissimo impatto visivo e scenografico, dove a scenari deprimenti tipici di
città in decomposizione si oppongono rifugi claustrofobici oscuri e un po'
tetri come i personaggi che li abitano, pieni all'inverosimile di cianfrusaglie
più o meno vintage (ricorrente il tema del 45 giri, e curioso il fatto che Adam
usi come video-telefono un vecchio televisore anni '60 collegato ad un Pc
portatile, mentre la Sorella Eve è più "avanti" e ha un Iphone).
Quindi il Vecchio e il Nuovo che si scontrano. Jarmusch magistralmente affronta
questo tema raccontandoci, alla fine, nient'altro che una storia d'amore
infarcita di citazioni colte che faranno sorridere lo spettatore che per la
prima volta avrà la possibilità di vedere vampiri morire non per colpa del sole
che li colpisce all'improvviso o per paletti di frassino conficcati nel petto.
L'infezione del sangue potrebbe essere vista come una forte critica ai tempi
moderni, la cui caratteristica principale è la corruzione: umani zombie
corrotti e ignoranti (i medici prendono le mazzette per fornire sangue fresco
ai vampiri) e vampiri superacculturati e molto riflessivi. Si direbbe quasi di
assistere ad un film scritto da William Shakespeare e diretto da Charles
Bukowski, o anche viceversa, per la commistione tra romanticismo e tematiche
sociali presenti nel racconto.
Un film, dunque, tutto da gustare e da vedere e rivedere,
per apprezzarne la genialità e l'innovazione apportate dal talentuosissimo Jim
Jarmusch.
Nelle sale dal 15 maggio.
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