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mercoledì 5 marzo 2014

"La mossa del pinguino": una genuina grattachecca di sogni

di Emanuela Andreocci

Passato (e riscosso) il sogno dell'Oscar, in Italia si torna a puntare in alto, cambiando ambito: dopo il più grande riconoscimento cinematografico, si punta a quello sportivo! Ne La mossa del Pinguino, che segna l'esordio alla regia di Claudio Amendola, l'"armata Brancaleone" dei ghiacci formata dai quattro scapestrati e affiatati protagonisti aspira alle Olimpiadi invernali di Torino del 2006, e ci vuole arrivare grazie ad uno sport non propriamente nazionale: il curling. 
Di che cosa si tratta? Inizialmente non lo sa bene neanche Bruno (Edoardo Leo), ma capisce che è qualcosa che si avvicina molto al lavoro notturno in cui lui e il suo amico Salvatore (Ricky Memphis) sono impegnati: se possono passare uno scopettone sul pavimento di un museo, potranno certamente smuovere quell'affare dal nome difficile per velocizzare lo scorrimento della strana "palla" a forma di pentola.  
Insieme ad Ottavio (Ennio Fantastichini) e Neno (Antonello Fassari), che sotterrano l'ascia di guerra per il bene comune, cominciano una serie di improbabili allenamenti in previsione delle selezioni nazionali. 
Contemporaneamente alla crescita sportiva, si assisterà ad un'evoluzione interiore dei personaggi, in particolare a quella di Bruno che dovrà dimostrare a sua moglie Eva (Francesca Inaudi) di essere un marito e padre affidabile, e non un secondo figlio (tra l'altro meno intelligente del primo!). Edoardo Leo (che ha lavorato alla sceneggiatura del film insieme ad Amendola) è convincente sia nei panni dello spacciatore precario (visto e apprezzato più che recentemente in Smetto quando voglio) quanto in quelle dell'improvvisato e mediamente scapestrato sportivo del film in questione.

La mossa del pinguino è un prodotto buono, con tanto cuore, ispirato a sentimenti importanti e a valori che fanno riflettere: i rapporti personali sono al centro di tutto, il curling è solo un pretesto (come poteva essere, nel passato del protagonista, il desiderio di allevare delfini nel lago di Bracciano!), ma permette a Bruno di spiegare alle donne (l'ha rivelato Leo in conferenza stampa) perchè "un uomo fa fatica ad andare ad un matrimonio sotto casa, ma si alzerebbe alle 4 di notte del 3 gennaio per una partita di calcetto in trasferta a Taranto!" 
Si ride, assolutamente, ma si piange anche, e forse la parte melò è addirittura più convincente di quella comica in quanto va a toccare corde reali, a smuovere sentimenti profondi e sinceri. 
Ottima la resa temporale: con qualche accorgimento ad hoc che strizza l'occhio al pubblico, ci si ritrova facilmente in un 2006 perfettamente credibile. Peccato, invece, che i movimenti di macchina più audaci (le inquadrature dal basso, delle "zenitali al contrario") si esauriscano al biliardino senza riproporsi durante il film, così come dispiace l'ingenuità del primo allenamento, con cadute e ruzzoloni sul ghiaccio senza un ritmo deciso che avrebbe sostenuto e reso più dinamica la scena. 
Da sottolineare, assolutamente, le interpretazioni degli attori, non solo considerandole individualmente, ma facendo una panoramica di gruppo: senza lodare singolarmente i quattro protagonisti maschili (dalle doti conosciute e apprezzate), dobbiamo necessariamente rendere giustizi al regista che ha scelto un cast di colleghi, professionisti e amici, che si integrano e completano alla perfezione. 

Un film per chi ama sognare e fermarsi, ogni tanto, a lanciare la propria lenza per pescare le opportunità della vita. Dal 6 marzo nei cinema.


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