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sabato 1 febbraio 2014

"Smetto quando voglio": l'ottimo esordio di Sydney Sibilia e dei suoi super ricercatori!

di Emanuela Andreocci

La vita universitaria (prima, durante, dopo) è un terreno sicuramente fertile e certamente già esplorato nel panorama cinematografico italiano (viene in mente, ad esempio, il recente C'è chi dice no di Giambattista Avellino, commedia sulla tutela della meritocrazia), eppure Smetto quando voglio, film d'esordio del giovane Sydney Sibilia, ha una marcia in più non solo in riferimento all'argomento trattato, ma anche nel più vasto orizzonte della commedia italiana.
Tanti, veramente, i punti di forza di questa pellicola fresca, originale ed assolutamente divertente: il primo è proprio la comicità genuina, verace e sincera che contraddistingue tutto il film senza mai perdere mordente, anzi crescendo delicatamente per tutta la sua durata; il secondo, complementare al primo, è la scelta degli attori, tutti più o meno giovani ma conosciuti e perfetti nel ruolo; il terzo è costituito da una regia che, nell'ambito di una commedia che più commedia non si può, ammicca ad un altro tipo di cinema "alto" con cascate di soldi degne di Scarface sparse qua e là; il quarto è dato da una colonna sonora che, a partire da Why don't you get a job? di The Offspring, caratterizza tutto il film donandogli vivacità e cadenzandolo.
I protagonisti, nei loro rispettivi campi, sono dei geni: Pietro Zinni (Edoardo Leo) è un ricercatore di neurobiologia con idee innovative non adeguatamente supportate da un professore incompetente, Mattia Argeri (Valerio Aprea) e Giorgio Sironi (Lorenzo Lavia) sono dei latinisti, benzinai sotto padrone cingalese di cui hanno imparato la lingua ("Conoscendo il sanscrito, tiri giù tutto il ceppo...!"), Arturo Frantini (Paolo Calabresi) è un archeologo classico, supervisiona ogni scavo romano ma non ha i soldi per comprarsi il pranzo, Bartolomeo Bonelli (Libero De Rienzo) è un economista incastrato in un circo, Alberto Petrelli (Stefano Fresi), è chimico ma fa il lavapiatti in un ristorante cinese ed infine Andrea De Sanctis (Pietro Sermonti) è un antropologo troppo qualificato per poter lavorare in uno sfasciacarrozze (serve aver sperimentato la vita di strada!). Tutti i nostri "eroi" sono quindi costretti in vite di ripiego, professioni che non rendono loro giustizia e che, oltretutto, non permettono loro di vivere dignitosamente. Perchè, allora, non utilizzare le loro menti brillanti fattivamente per ottenere soldi, successi e riconoscimenti in breve tempo? Ad avere la geniale illuminazione è Pietro: grazie ad un suo studente bugiardo, sfrontato e svogliato, viene introdotto al proficuo mondo delle discoteche e della droga. In men che non si dica, convincendo tutti i suoi amici, diventa leader della banda di ricercatori: ognuno ha il suo specifico, insostituibile compito ed in breve tempo immettono nel giro la migliore droga di sempre, pura e momentaneamente non illegale. Tutto sembra filare liscio e i soldi fioccano, ma i bravi ragazzi non hanno fatto i conti né con Giulia (Valeria Solarino), assistente sociale e compagna di Pietro, né con il Murena (Neri Marcorè), che ha il controllo dello spaccio di droga su tutto il basso Lazio...
Lo slogan basato sul gioco di parole "Meglio ricercati che ricercatori" è geniale e la caratterizzazione di ogni personaggio è una prova di evidente bravura a livello di interpretazione e sceneggiatura. Nonostante si tratti di stereotipi, i protagonisti non risultano assolutamente tali e divertono nel mix delle loro diversità unite per il bene comune: i nostrani Avengers sfruttano i loro superpoteri per la sopravvivenza. 
Dal 6 febbraio nei cinema: le risate sono assicurate!   

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