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domenica 5 gennaio 2014

"Il capitale umano" eccellente noir d'autore di Paolo Virzì


di Emanuela Andreocci

Il capitale umano: ovvero un invisibile codice a barre tatuato sulla pelle per determinare il valore economico di una vita. 
Il nuovo film di Paolo Virzì, libero adattamento del thriller di Stephen Amidon,  trasporta le vicende dall'originario Connecticut alla nostrana Brianza,  "un luogo esotico, ricco, misterioso e affascinante" come Virzì stesso ha affermato "non essendo mai andato, cinematograficamente parlando, oltre Pisa". Ambientato in una nebbiosa e scura provincia del nord Italia, la pellicola pone lo spettatore davanti ad un netto cambiamento del regista livornese che si sperimenta con successo in un noir corale di respiro internazionale, dalle tinte del thriller americano e del dramma francese, allontanandosi dallo schema della sempre dolce-amara e luminosa commedia d'autore all'italiana a cui ci aveva abituato. 
Un misterioso incidente alla vigilia delle feste natalizie, un colpevole da trovare e personaggi ingabbiati in una vita che, seppur ricca e agiata, viene condotta con superficialità all'insegna di una dubbia morale e dell'egoismo più meschino, il tutto condito da punti di vista differenti che scandiscono la narrazione e che dettano i capitoli in cui sono riportati gli stessi avvenimenti. 
La regia impeccabile scandaglia con impietosa attenzione gli animi umani delineando per ogni protagonista punti di forza e debolezze, gli incastri sono sostenuti con sapiente maestria grazie anche alla sceneggiatura scritta da Virzì insieme a Francesco Bruni e Francesco Piccolo. "A 50 anni abbiamo scoperto l'ellissi!" hanno scherzato in sede di conferenza stampa "E' il lavoro più impegnativo fatto finora: un divertente gioco di scomposizione non fine a se stesso. Nel nostro cinema è raro agire in modo non convenzionale".
Per sostenere un lavoro del genere, peso non facile da sopportare, era necessario un cast che già sulla carta fosse in grado di farlo e bene. "Il segreto è scegliere quelli bravi!" ha rivelato simpaticamente il regista che si è permesso il lusso di scritturare alcuni grandi attori per utilizzarli in ruoli non convenzionali in cui, comunque, sapeva sarebbero brillati. E così, in effetti, è stato: per quanto riguarda gli uomini, sconcertante l'interpretazione di Fabrizio Bentivoglio, agente immobiliare di professione e viscido di natura, con velleità di ascesa sociale che lo portano a fare molto più di quanto potrebbe e dovrebbe; fuori dagli schemi il ruolo di Fabrizio Gifuni, che si toglie i panni dell'uomo retto e integerrimo per vestire quelli di un protagonista torvo e meschino che vince scommettendo sulla rovina del proprio Paese; figura marginale ma calzante e complementare agli altri quella interpretata da Luigi Lo Cascio, un professorino colto ma disilluso, triste nel suo essere apparentemente positivo, imperturbabile e serio anche nel surreale amplesso al cospetto del maestro Carmelo Bene. Poi abbiamo le donne: Valeria Bruni Tedeschi che interpreta la moglie di Gifuni, un ex attrice sola e infelice, sexy ed ingenua allo stesso tempo, che cerca di rimettere in piedi la sua vita proprio come il teatro che prende in gestione, ed il personaggio di Valeria Golino, compagna per finzione di Bentivoglio, unica presenza realmente positiva nel film, ambasciatrice di un messaggio di ipotetica speranza. Accanto agli illustri veterani di cui abbiamo finora tessuto le lodi, compaiono anche i giovani e promettenti Guglielmo Pinelli, Giovanni Anzaldo (l'unico ad aver già recitato) e Matilde Gioli che, nei panni di Serena Ossola, rappresenta il trait d'union tra le due diverse famiglie e sperimenta sulla propria pelle le sofferenze e meschinità accumulate dagli adulti.    
Il capitale umano è un film amaro, ironico e spietato che invita a riflettere sulla vita e sul suo valore: ogni scelta, anche la più apparentemente banale, porta con sé una conseguenza con la quale bisogna fare i conti.
Dal 9 gennaio nei cinema.

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