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martedì 29 ottobre 2013

"Ender's Game": la fine dei giochi.

di Emanuela Andreocci

Ender's game è il gioco di Ender, il protagonista del nuovo film di Gavin Hood interpretato da Asa Butterfield nei cinema dal 30 ottobre, ma dopo aver visto la pellicola, un po' per assonanza, un po' per contenuti, non è possibile non pensare ad un traduzione alternativa: la fine dei giochi. Sia per il ragazzino, costretto a crescere prima del previsto, sia per gli spettatori, vittime di una pellicola dal buon potenziale inespresso che lascia con l'amaro in bocca e un senso di indifferenza nei confronti di quanto accaduto. 
In un mondo futuristico che è già sopravvissuto grazie al coraggio di Mazer Rackham (interpretato da Sir Ben Kingsley) ad una dura battaglia contro i Formics (le creature aliene nemiche della terra) gli umani sono pronti a respingere un nuovo attacco grazie alla scuola di guerra che da anni recluta e forma ragazzi preparandoli ad una battaglia decisiva. Il protagonista, ovviamente, eccelle in tutto e su tutti: voluto fortemente dal colonnello Hyrum Graff (un Harrison Ford di cui è difficile dimenticare il taglio di capelli), riesce dove il fratello troppo violento e la sorella troppo debole avevano fallito. Lo scopo della scuola è insegnare ai ragazzi a combattere tramite un laser game a gravità zero: il primo impatto visivo con il campo di allenamento è superbo (la "palestra" è una sfera con pareti di vetro trasparente in mezzo allo spazio), ma il gioco non presenta nessun elemento accattivante. 
Sebbene quasi tutto il film si svolga all'interno di una stazione spaziale e la terra venga quasi dimenticata, sono assai numerosi i cliché della vita militare: le lotte intestine con i compagni  invidiosi della innata predisposizione di Ender all'eccellenza e al comando, la presa di posizione dei superiori che assegnano dure punizioni e che sembrano voler mantenere il distacco con gli allievi, gli atti di bullismo/nonnismo all'ordine del giorno e gli avanzamenti di grado. Troviamo, ovviamente, anche l'altro risvolto della medaglia: solidarietà tra affini e gioco di squadra. 
La figura di Ender è sicuramente interessante: poco più di un bambino, porta sulle sue spalle il peso di una missione troppo pesante per la sua età ma direttamente proporzionata al suo talento. Il giovane attore, già protagonista di Hugo Cabret, si cimenta con successo in un ruolo non facile: un buono che ogni tanto deve fare i conti con il suo lato oscuro. In qualche modo racchiude in sé le caratteristiche del colonnello Graff e del Maggiore Gwen Anderson, la responsabile del benessere psicologico dei giovani soldati interpretata da Viola Davis. Per lei, a differenza del personaggio di Ford, non sempre il fine giustifica i mezzi: mentre Graff sembra dimenticarsene o, ancor peggio, non curarsene, la donna è sempre consapevole del fatto che le loro azioni e insegnamenti influenzeranno per sempre le vite dei loro sottoposti.
Il film è tratto dall'acclamato omonimo romanzo di Orson Scott Card del 1985. Non avendo letto il fortunato libro, possiamo solo immaginare, o sperare, che la trasposizione non gli renda appieno giustizia. 

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